L’eutanasia

 




Caro presidente, fino a due mesi e mezzo fa la mia vita era sì segnata da difficoltà non indifferenti, ma almeno per qualche ora al giorno potevo, con l’ausilio del mio computer, scrivere, leggere, fare delle ricerche, incontrare gli amici su internet. Ora sono come sprofondato in un baratro da dove non trovo uscita. (…) Io amo la vita. Morire mi fa orrore, ma purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita. Vorrei che anche ai cittadini italiani fosse data la stessa opportunità che è concessa ai cittadini svizzeri, belgi e olandesi. Welby

Lettera al Presidente della Repubblica del 23.09.2006

 

Questa lettera, pubblicata sui giornali, ha diviso l’Italia in favorevoli e contrari. Un uomo chiede che venga introdotta anche in Italia la legge sull’eutanasia (dal greco eu, «buona», e thanatos «morte») permettendo a una persona di essere aiutata a morire per evitarle inutili sofferenze.


 


 

Il tema dell’eutanasia non è affatto nuovo; ogni tanto ritorna prepotentemente alla ribalta, facendo leva sui sentimenti e sulle paure più profonde dell’uomo. Ma su questi temi non si può ragionare sotto l’effetto dell’emotività. Sono infatti molte le questioni connesse all’eutanasia (la libertà del singolo, il ruolo dello Stato, la distinzione tra etica e legge, la paura della morte e della sofferenza e altre ancora). Spesso si ha infatti la sensazione che uno dei problemi più forti legati all’eutanasia sa quello della paura della sofferenza.

 


«In Gran Bretagna il suicidio e l’eutanasia sono illegali. Si può abbreviare la vita di malati tenuti in vita artificialmente.

L’Olanda, primo paese al mondo, ha ufficialmente legalizzato l’eutanasia. Ha aperto la strada alla possibilità di legalizzare l’eutanasia anche per i bambini malati inguaribili.

In Italia è illegale, anche se in Parlamento giacciono diverse proposte di legge per disciplinarla.

In Germania può essere autorizzata per le persone in coma irreversibile su espressa volontà del paziente e deve essere approvata dai tribunali tutori.

In Svezia “l’assistenza al suicidio” è un delitto non punibile. Il medico può, in casi estremi, spegnere le macchine che aiutano la respirazione.

Le legge danese stabilisce che in caso di malattia incurabile o incidente grave si può chiedere di non essere tenuti in vita artificialmente con un “testamento biologico”.

Le legge belga l’autorizza dopo la verifica da parte di una commissione. È permessa a partire dai 18 anni di età».

Avvenire, 28.04.2005



«Nella concezione personalistica che sta alla base della nostra Costituzione, l’eutanasia è sempre illecita, sia perché la vita umana va ritenuta intangibile dall’inizio alla fine, sia per considerazioni pratiche: la diagnosi potrebbe sempre essere errata; potrebbero essere scoperte nuove cure; spesso è difficile accertare la volontà definitiva del malato; inoltre, oggi il dolore può essere in molti casi eliminato. D’altra parte, attribuire al medico anche il potere di uccidere è rischioso; e accettare l’eutanasia pietosa potrebbe aprire la porta ad ogni genere di abusi, tendendo a scivolare dal moribondo al malato non terminale, alla persona con disabilità, all’anziano, al malato di mente… Questo per quanto riguarda l’eutanasia attiva. Non si può invece parlare di eutanasia passiva consensuale, perché qui si tratta soltanto di un rifiuto delle cure da parte di un paziente, in base al suo diritto di lasciarsi morire: in tal caso il medico deve solo verificare con scrupolo la volontà del malato e, nel dubbio, praticare la terapia».

Ferrando Mantovani, docente di diritto penale